sabato 2 novembre 2013

C'è stato un tempo lunghissimo in cui scrivevo tutto quello che mi capitava e tutto quello che sentivo.
Scrivevo tutto, per fermare le emozioni, i pensieri, le lacrime, le risate. Come temessi altrimenti tutta quella vita potesse scivolare via, sparire per sempre nell' oblìo. Scrivevo perchè pensavo sarebbe arrivato un giorno in cui quei momenti sarebbero finiti e mi sarebbero mancati e così io avrei potuto invece rileggerli e ricordarmi. Esorcizzavo la paura scrivendo.

Non lo sto più facendo. Non sto scrivendo di noi. Potrei farlo. Potrei scrivere dello stupore, della tua voce, di come sei arrivato inaspettato, dei nostri discorsi, di quando siamo sdraiati sul tuo letto dalle lenzuola nere e tu mi abbracci da dietro, delle terme, dell'aver fatto l'amore tutti i giorni per un mese e di come tutti i giorni per un mese mi sembrino pochi con te che ti terrei dentro per sempre, delle paure che frenano, della mia prima volta al giapponese in porta ticinese, delle litigate, della voglia, del tuo farti spazio dentro di me ogni giorno di più.
Di quella prima birra all'Arco che mi pare un secolo fa e di come sono cambiata io e come stiamo cambiando noi. 

Potrei scrivere un sacco di questi nostri pochi mesi. Potrei scrivere per ricordarmi un giorno di come stavo bene con te.

Invece non lo scrivo. Ma tu vedi di restare.

martedì 6 agosto 2013

In fin dei conti gli uomini, come i bambini, sono creature semplici. Ingenue. A volte innocenti.
Noi donne no. Mai.

lunedì 22 luglio 2013

“E' stato bello ieri parlare; profondamente intenso, un'onda lunga, lunghissima, che sta riverberando dentro, senza violenza, senza manifesta forza. Non onde infrante su scogli, ma un'onda unica, che poco si scorge in superficie, ma in grado di arrivare molto, molto lontano. Onda Impetuosa, in viaggio nella profondità di un abisso per giungere ovunque. Dove arrivi, non è ora tempo di domandarsi. Il fulcro è che può, per natura e forma.
È un'onda che mi porto dentro, che mi riempie di benessere. Questo solo è importante; stare bene.

Che il tuo sorriso sia con me o lontano anni luce, poco conta. Ciò che conta è quel sorriso. Ciò che conta, è saperti serena.
G.”

Niente è successo che alla fine mi sono arresa a carezze nuove. La prima volta è stato stupore. Stupore per il piacere. Le volte successive sono per lo più rimasta ferma, concentrata sul movimento delicato ma sicuro delle sue mani sulla pelle e tra i capelli. Sono rimasta ferma per sentirle meglio. Per far penetrare meglio il piacere che quelle carezze mi stavano dando. Io ancora non riesco a farne. Ma prima o poi succederà.
Poi è successo che ho fatto vedere i miei ricci in tempi record e ho dormito per la prima volta in una tenda.
Succede che non so se tutto questo abbia un senso ma mi è piaciuto. E allora del piacere ricevuto ne faccio il senso. Il migliore, credo.
Succede che per uscire dalla merda ci vuole tempo e il mio ancora non è esaurito. Ma ho meno furia.
Succede che i momenti belli ti capitano anche durante la tempesta. Magari inaspettati, magari senza che nemmeno realizzi subito che in quel momento lì stai bene. Magari in modalità che non avevi mai conosciuto prima e in cui nonostante questo ti ci trovi bene.
E allora goderseli. Goderseli e basta. Senza scrupoli, domande, ragionamenti, etc. 
Succede che se sono sopravvissuta ad un amore finito, ai sogni infranti, alla Brianza, allora sopravviverò anche al rimanente.


Succede che le mancanze magari sono mille opportunità tra cui ora posso scegliere. Succede che sento la voglia rinascere. La voglia di tutto. Ora posso.

Negli ultimi mesi più che altro ho guidato tanto. Perchè la macchina era l’unico posto rimasto per pensare. Per stare sola. Negli ultimi mesi sono stata parecchio sola. Cioè, non proprio sola: io, il mio smarrimento, il mio vuoto, le mie lacrime, la mia delusione, i miei sogni uccisi. Non ho voluto nessun altro con me. I mostri si affrontano da soli.
Non stavo sola da almeno 4 anni: troppo tempo. Per tutto questo tempo ho perso il contatto con me stessa. Ho guidato, ho rifatto strade che non facevo da ancora più tempo.
Mi son sentita piccola schiacciata dal dolore del lutto che mi portavo dentro, piccola nel traffico furioso di Milano a cui non ero più abituata. Estranea nei miei stessi posti. Estranea a me stessa. Estranea alla vita.
Ho iniziato questo viaggio catartico nel passato, in solitaria. Quante volte sono morta e poi risorta?

Al contrario tuo, non ho cercato distrazioni, mi sono immersa nel dolore. 
E’ che per vivere davvero i mostri li devi uccidere anche se fa male, un cazzo di male. Anche se ci vuole tempo. Che a distrarli quelli mica muoiono. Quelli poi sono stronzi e si ripresentano più in là. Chiedendo pure gli interessi.

Non so dire se tutto questo mi abbia fatto bene, se abbia forzato troppo la mano sui limiti, se ancora una volta abbia chiesto troppo a sta persona piccola che in fondo anche se nessuno lo sa, mi porto dentro. Posso dire però che mi sono guardata in faccia, e non mi riconoscevo più. Non mi riconoscevo più cazzo. Non riconoscevo più nemmeno quelle strade in cui anni prima vivevo. Come fossi morta. Ho continuato a guidare, a piangere, a cantare, a urlare a cercare di sentirmi, a  respirare forzatamente. Finchè poi finalmente è successo: sono rinata. E all’inizio nemmeno te ne rendi bene conto. Abituata a non vivere come ero.
Sono guarita.

E’ come esser stata seduta nella riva di un fiume. E’ stato il mio cadavere e non il tuo che ho visto passare. Ho pianto un po’ per quella persona fragile che ero diventata con te. Per la fine ingloriosa e crudele e volgare dei suoi sogni e del suo vano lottare. Piccola combattente miseramente sconfitta. Come cazzo ho fatto, mi chiedo ora? A sbagliare così? A lasciarmi morire così?

Ora sono rinata, spero un po’ più forte.

Ho pensato anche a te in questi mesi. Tanto. Ho continuato ad amarti anche in questi mesi. Come se tu mi avessi lasciata ma io no, io non avessi invece lasciato te. Che follia. Che idiota.
 “Fuck damnation, fuck redemption”, lasciatelo dire: tu di maledizione non sai un cazzo. Sei solo un delirio, con il bisogno disperato tipico dei deboli di sapersi speciale per giustificare il suo essere al mondo o di essere riconosciuto come tale. E invece non lo sei. E invece nessuno qui è speciale. Speciale non esiste.
Puoi essere speciale per una persona o poche persone ma nessuno lo è in termini assoluti. Nemmeno tu. Tu eri speciale per me, ma hai preferito l'effimero. 
Hai ottime qualità che non sfrutti appieno. Ma non sei il migliore giornalista e nemmeno il migliore scrittore. Là fuori dal tuo mondo, ce ne sono di migliori, anche solo per aver avuto i coglioni si crederci fino in fondo. E non diventerai il miglior tatuatore del mondo. Esiste già. E sta in Australia. E anche lo diventassi, non sarà questo a renderti speciale.

Sei piccolo anche tu. Chiudi gli occhi alle cose brutte illudendoti che così smettano di esistere. Usi le persone in funzione del tuo delirio del momento. Poi ti stufi. Delle cose, delle situazioni, delle persone e vuoi un giocattolino nuovo. E tutto quello che non è funzionale al giocattolo nuovo è da buttare, senza remora alcuna. Persone incluse. Tutto che deve essere facile altrimenti la fuga. Ma il bello non sempre passa per le vie facili. E tu semplicemente te lo perdi.
Non hai rispetto per le persone né per i loro sentimenti. Se non quando ne sono coinvolti anche i tuoi. Non conosci il rispetto a prescindere. 
Sei un insieme di istanti che non sedimentano che non lasciano il segno. Solo un susseguirsi di vicissitudini tutte uguali a se stesse
Sei tornato lo stesso personaggio che eri prima di me. Né più né meno. Scrivi anche le stesse cose nello stesso modo. Le stesse identiche dinamiche.

Tutto scorre è vero. Ma tutto scorre dovrebbe includere un’evoluzione, bebi. Siediti sulla riva del fiume e guardalo scorrere. Quello che vedrai non sarà mai uguale. Si alterneranno sempre acque limpide a acque torbide, ma quello che il fiume farà emergere non sarà mai uguale. Vedrai cadaveri, vedrai un fiore arancione gettato in acqua a testimoniare la fine di un amore che un tempo pareva invincibile, vedrai pesciolini nuotarci dentro felici, ma mai la stessa cosa.

Tu non scorri. Tu ti ripeti. Come in un loop.

Sono riuscita a perdonarmi ma a te no. A te non perdonerò mai. Non per aver mollato la presa. Non per quello. Lo so come funziona, si smette di amare. Oppure si continua ad amare ma si smette di essere in grado di. Fa male, ma come potrei farti una colpa di questo?

No, io non ti perdonerò mai per i modi. Non ti perdonerò mai per aver preteso che visto che a tu non te la sentivi più io dovessi sparire così, con un tuo schiocco di dita. Anche se vivevamo insieme da due anni, anche se per vivere con te mi ero trasferita da un'altra città. E zitta, niente domande, niente pianti, niente parlare. Solo sparire. Che mica potevo appesantirti con il mio soffrire. Mica potevi sentirti in colpa, anche se i sensi di colpa erano tuoi e non te li stavo infliggendo io. Non ti perdonerò mai per i tempi. Perchè tu non mi hai solo lasciata, tu hai rivoluzionato ancora la mia vita, hai deciso tu per me dove dovessi tornare a vivere e come e quando, senza lasciarmi tempo nè respiro. Ti è bastato accompagnarmi alla stazioncina del paese senza nemmeno la cura di informarti se fossi giunta a destinazione. Non ti perdonerò mai per avermi fatto vivere il trauma di vederti cambiare dall'oggi al domani, per i tuoi occhi gelidi e impassibili mentre mi uccidevi. Pensi che questo non abbia lasciato il segno su di me? Pensi che il tuo distacco gelido di quei giorni non influenzi ora il mio approccio agli altri? Eppure io, magari nel modo sbagliato, ti amavo. Perchè mi hai fatto questo? Perchè così crudelmente? Perchè a me e non ad altri? Ero davvero io a meritare la tua furia? Perchè? Non ti perdonerò mai per quello che mi hai fatto dopo. Per aver continuato ad infierire.
Non ti perdonerò mai perchè non può esserci perdono per chi ha avuto la fortuna di avere una roba bella, bella davvero tra le mani e l'ha gettata via come fosse carta straccia. E invece era tutta me. E anche te. Allora vuol dire che tu le robe belle, belle davvero non le meriti. Perchè non solo non sai coltivarle, ma le distruggi. Le uccidi. Quando si inceppano anzichè aggiustarle le butti via. Senza pensarci. Senza piangerle almeno un po'. Con freddezza.
Sei riuscito nella mirabile impresa di lasciare  il vuoto dietro di noi. Nemmeno più la voglia di pensarti o ricordarti.


Un nulla è quello che rimane ed io, semplicemente, ora passo oltre.

martedì 16 luglio 2013

domenica 19 maggio 2013

In bilico, immobilizzata tra la paura di lasciarmi tutto alle spalle e la voglia e il bisogno del nuovo.
Accarezzo la carta della Speranza, rigirandomela tra le mani più e più volte, indecisa se rimetterla nel mazzo oppure no.

Ma credo di si.

lunedì 18 marzo 2013

Qui nevica a marzo, ho imparato a fare il tiramisù e pure la frittata, non ho più la frangia, sono e mi sento più bella anche se non ci sto dietro e dovrei curarmi di più. Ho colleghi simpatici, Valeria e amici nuovi. Un po' artisti e senza soldi ma buoni. Mi sono iscritta in palestra, ho ripreso a ballare e da una settimana anche a dipingere come quando ero bambina. La vicina di sopra urla sempre alle sue figlie e la domenica mi sveglia con l'aspirapolvere ma tanto sto programmando di andarmene sui Navigli. Almeno per un po', che ancora mica l'ho capito se il mio posto è Milano o no. O se esiste davvero un posto mio. Ho visto "Educazione siberiana" al cinema e mi è piaciuto un sacco, mangio ancora due Ferrero Rocher la sera, altre cose invece le ho cambiate. A fine giugno andrò a Parigi o Berlino o Lisbona. Sono tornata a fumare Marlboro Light. E mi incazzo meno in generale sulle cose, piccole o grandi. Poi mi manchi.

mercoledì 13 marzo 2013

domenica 10 marzo 2013

Senzatomica è arrivata  ieri a Milano, in via Enrico Besana.
Io ci andrò. Fatelo anche voi, dai.
Avete tempo fino al 29.



mercoledì 20 febbraio 2013

Al lavoro seduta affianco a me c'è una collega che parla ininterrottamente. Infatti la soprannomineremo Non-stai-zitta-mai.

Non stai zitta mai, oltre a non star zitta mai, ha appena detto "puLtroppo" per la seconda volta in due minuti. Ed è ancora viva.
È evidente che ho imboccato la strada della tolleranza.

martedì 19 febbraio 2013

Una cosa è il senso di colpa, un' altra il senso di responsabilità.
Dal primo devi liberartene. Dal secondo non dovresti.

Fai confusione bimbo.

O forse è che ti fa comodo

domenica 10 febbraio 2013

Non essere impaziente, mi dicevano. Ci vuole tempo. Un passo, piccolo,  per volta.
Invece no: ti succede all'improvviso. Ti alzi una mattina e non te ne frega più.
Ricordi ancora tutto. Ricordo quando sanguinavo e me ne vergognavo pure. Perchè quelle ferite parlavano del mio fallimento.
Oggi invece sono uscita indossando le cicatrici con orgoglio.
Questo è stato il weekend dello starbene. Dopo tanto, troppo tempo.
E senza motivo. Quindi vale doppio.

venerdì 8 febbraio 2013

Credevo la disperazione fosse color nero. Come il buio più pesto. Oppure rossa. Come gli schizzi di sangue su un muro bianco. O gli occhi dopo troppe lacrime versate.
E poi pensavo fosse rumorosa. Scandita da urla o dal rumore di pugni sul muro.
 Invece no. La disperazione è fredda. Colore grigio. Grigio fumo. Ha la stessa sostanza della nebbia e si infiltra, inconfondibile e  indisturbata, sotto uno strato di finta tranquillità scandita da una routine più o meno rattoppata e assolutamente asettica.
La disperazione arriva dopo un po’. Quando le lacrime si sono esaurite. Quando sono passati abbastanza giorni e quindi il tuo dolore non è più interessante. Come se quella manciata di giorni fosse sufficiente a sanare quel lutto che ti porti dentro.
 Allora inizi a indossar la tua vecchia maschera polverosa, che pensavi e speravi non ti sarebbe servita più. Gli amici ti restituiscono subito il ruolo di quella  tosta, un po’ pazza, quella che ne combina sempre una nuova e dei cui racconti ridere nelle serate tutte uguali. Al lavoro chiacchieri. Gli uomini per strada ti guardano, a qualcuno concedi anche un po’ di te. Tutto sembra normale.
 Nessuno si accorge di nulla. E invece sotto la maschera, invisibile, tu la senti muoversi.




La disperazione è silenziosa e si camuffa sempre sotto vesti di normalità.

mercoledì 6 febbraio 2013

Sono i giorni che dormo poco e sogno ancora meno. Sorrido poco, spero poco. Troppo poco. Pure leggere lo faccio pochissimo e questo misura quanto tosto sia questo giro di ruota.
Ho infatuazioni che durano mezzi istanti. Ma non amo. E non mi meraviglio mai per nulla.
In compenso fumo molto, mi ascolto molto anche se quello che sento non mi piace nemmeno un po'. Perdo tempo. Mi perdo questi giorni, perché ho perso il senso. Avevo fatto di te il senso a tutto. E ora che non ci sei più non riesco a ritrovarne di nuovi. Allora sto qui come a guardare la vita da una finestra. Aspetto. In silenzio. Non so che altro potrei fare onestamente.

martedì 5 febbraio 2013

lunedì 28 gennaio 2013

Il sesso. A volte è per celare il vuoto che ha dentro, per dare altre ragioni ai suoi sospiri, per sostituire, anche solo per qualche prezioso attimo,con il piacere quel dolore che porca troia non se ne va, per riprendersi un po' dei crediti che sente di avere con la vita, per rifarsi del tempo rubato, per metterci un po' di sapore alle giornate insipide, per non piangere, per dare sfogo alla furia che ha addosso e che un po' deve pur buttare fuori per non esplodere. Per riscoprirsi selvaggia e avere conferma di esser ancora viva. Per ritrovarsi. Perchè lui a lei non pensa più da tempo. Per vendicarsi. Perchè le piace. Per illudersi di poter così guarire le sue ferite.
Per dimenticare.
Poi fuma e se ne vai. Scappando dalle carezze che non vuole perchè non son le sue. Perchè a quelle non è ancora pronta.
A dispetto dei denti momentaneamente sciolti in un sorriso effimero, sa bene di non aver dimenticato proprio un cazzo.
E le manca. Farlo per amore.
Le manca Lui.

domenica 27 gennaio 2013

Ho ricordi preziosi che pure vorrei riuscire a lasciare andar via.

Poi ci sono cose che invece no, non si devono dimenticare. Mai.

sabato 26 gennaio 2013

#11

Una persona la sai. La annusi. La senti. Sulla pelle e nella pancia.
Le parole sono un contorno. Non indispensabili. A volte ridondanti.

venerdì 25 gennaio 2013

#10

Ogni tanto urlicchio "UACCIUARIUARI" così, dal nulla. Secondo me lo faccio per buttare via un po' dell'inquietudine che ho dentro.
O forse son pazza. Boh.

giovedì 24 gennaio 2013

#9

Mentre Monte dei Paschi di Siena sta naufragando e attende solo 4 milardi di aiuti dallo Stato, quindi soldi nostri, e mentre noi assistiamo al solito e desolante spettacolo del rimbalzo di colpe, Banca Etica in silenzio chiude in positivo.
Che l'Etica porta anche profitto, per tutti. Chissà se mai lo capiremo.

mercoledì 23 gennaio 2013

#8

Quando ve la tirate con questo autocompiacimento da rivista per pornografi, in realtà ciò che comunicate di voi è l'opposto. 
Se davvero foste così strappamutandine come vi definite, non avreste appunto bisogno di autodefinirvi tali.
Nel tuo caso poi ne ho pure le prove.

martedì 22 gennaio 2013

#7

La felicità non è fatta di parole, sogni, aspettative e orizzonti mai raggiungibili.
La felicità è fatta di ciccia. Di occhi, abbracci, sorrisi, corpi intrecciati. Di adesso.
La felicità, quando ce l'hai, la tocchi.

lunedì 21 gennaio 2013

#6

Che palle che siete quando scrivete in modo artisticato  sempre e solo di amore, delusioni, sesso, patemi.
I sentimenti sono roba importante e voi li riducete a chiacchiere da bar o a strategie di acchiappo facile.
L'amore segue è semplice e segue binari lineari. Il resto è solo roba da leggere. Scenografia.
Se poi avete superato una certa, anche basta, dai.
E si parlo proprio io, embè?

domenica 20 gennaio 2013

#5

Non bastava il terremoto. Ora anche il rischio Scilipoti.
Povero Abbruzzo.

lunedì 14 gennaio 2013

#4

Un giorno poi la smetterò di rimandare cose già rimandate. Compreso smettere di amarti. Oggi non è quel giorno.

sabato 5 gennaio 2013

#3



È successo inaspettatamente. 
Sei tornato da una scritta.
Il ricordo di te è stato prepotente. Ma fa meno male ora. Un male diverso. 

Sei tornato, e allora ho pensato a te che ti riempi di etere e parole e mediocrità. 
E a me che invece ho la furia del movimento. Entrambi per soffocare e mascherare il vuoto che ci siamo creati. Credo.

In questi mesi ho dato ad altri la colpa di non esser te. 
Ho i denti meno stretti. Mantengo ancora anche io la guerra negli occhi, ho l'anima meno in fiamme e un vuoto che no so riempire dentro e che sembra non aver soluzione. Mi muovo in continuazione. Ma dentro sono immobile. In apnea. Ho perso i sogni, i ricordi, la voglia. La Fiducia. Non so in che direzione muovere il primo passo. Perchè non so cosa volere. Ma so che tutto quello che mi si è presentato in questi mesi dopo di te non l'ho voluto. O forse lo volevo anche. O lo avrei voluto più in là. Ma l'ho cacciato via. Con una furia che non mi riconoscevo da tempo.

Ti ho letto sempre, in silenzio, fino poco fa. E' 4 anni che leggo ogni tua parola. E il più delle volte l'ho sempre fatto in silenzio, L'ho fatto per capirti. Anche se a volte le tue parole sono state pugnalate su ferite già sanguinanti.  Ma tu questo non lo saprai mai. O non lo capirai mai. Tu a me sembri non pensarci mai. Del resto non te ne sei nemmeno mai preoccupato del male che potesse farmi leggerti. Hai scelto la mediocrità. Non solo alla nostra salvezza. Ma anche per te stesso. 


Alla fine ho accettato e fatto pace con il tuo lato oscuro, Che è un buco nero. Sei un isola tu. Mai totalmente conquistabile. Che strano: ho dovuto perderti per conoscerti e capirti fino in fondo. 

Ho pianto sangue con te e pensavo di aver esaurito le lacrime. E invece mi erano rimaste le ultime due che ho fatto scorrere. In silenzio. Da sola. Che io per piangere ho sempre dovuto nascondermi. Come fosse una colpa. Pure con te. 

Ho lasciato scorrere queste ultime due lacrime.
Poi ho richiuso la nostra scatola e ho ripreso camminare. 

In un certo senso non ti ho mai amato più profondamente di ora. Così come non sono mai stata più pronta di ora a lasciarti andare finalmente via.